IL PENSIERO DIVERGENTE E LA CREATIVITA’
IL PENSIERO DIVERGENTE E LA CREATIVITA’

IL PENSIERO DIVERGENTE E LA CREATIVITA’

Come ci approcciamo di solito alla risoluzione di un qualsiasi tipo di problema? Quali sono le strategie che spesso utilizziamo senza nemmeno accorgercene? E qual’è il ruolo della creatività?.
Esistono molti modi di pensare differenti fra loro, ognuno con qualità e limiti diversi. Normalmente li usiamo congiuntamente, senza un vero confine fra l’uno e l’altro, in un incessante riflettere per arrivare al traguardo atteso. Molte volte capita che una precisa strategia si riveli vincente per la risoluzione di un preciso problema rispetto alle altre. Altre volte dobbiamo invece utilizzarle in parallelo creando collegamenti fra esse e rivedendo più volte il nostro punto di vista.

Può quindi essere importante cercare di capire queste strategie e trovare nuovi percorsi critici per analizzare le nostre idee, in un mondo dove le idee portano a giudicare il prossimo e, molte volte, a non cogliere un quadro più complesso.

Per riuscire a risolvere un problema logico la nostra mente utilizza molte strategie ben diverse fra loro. Una di queste è il “pensiero per analogie” che consiste nel cercare nell’esperienza passata degli elementi che possano essere trasferiti al caso presente applicando conoscenze relative a una situazione nota a una situazione non nota. Un’altra strategia frequentemente utilizzata è il “ragionamento induttivo” che consiste nella formazione di concetti, dove varie esperienze permettono di ricavare un principio generale che ci possa servire per il caso presente (dal caso particolare ricaviamo una conclusione generale). Altra strategia, diametralmente opposta, è il “ragionamento deduttivo” dove da un principio generale si può compiere il percorso inverso dell’induzione e ricavare conclusioni particolari. Nelle situazioni sinora analizzate però esiste sempre uno strato iniziale che deve essere trasformato in un ben definito stato finale.

Spesso capita però che non si abbia una precisa idea dell’obiettivo da raggiungere, dove il punto di arrivo non è già dato ma deve essere trovato o inventato. In questi casi la “creatività”, definita come un particolare modo di pensare, gioca un ruolo predominante, creando una rottura con i modelli esistenti e introducendo qualcosa di nuovo. In questo caso il pensiero diventa creativo.

Uno dei modi di intendere il pensiero creativo è quello chiamato “pensiero divergente” (Guilford, 1967), il quale è contrapposto al “pensiero convergente” che viene attivato nelle situazioni che permettono un’unica risposta pertinente, cioè esso rimane circoscritto entro i limiti della situazione, segue le linee interne alla situazione stessa rispettando o utilizzando regole già definite e codificate e produce un’unica risposta accettabile a un problema.
Il “pensiero divergente”, invece, è attivato nelle situazioni che permettono più risposte corrette, più vie di uscita o di sviluppo. Esso pertanto va al di là di ciò che è contenuto nella situazione di partenza, ricerca in varie direzioni e produce qualcosa di nuovo. L’elemento caratterizzante di questo processo è quindi la produzione di nuove idee.

 

Secondo Guilford, i principali aspetti che contraddistinguono il pensiero divergente sono:

・    La Fluidità, intesa come capacità di riprodurre tante idee senza riferimento alla loro qualità o adeguatezza.
・    La Flessibilità, che indica la capacità di passare da una successione o catena di idee all’altra.
・    L’Originalità, che consiste nella capacità di trovare idee insolite.
・    L’Elaborazione, intesa come capacità di percorrere sino in fondo la linea di pensiero intrapresa.
・    La Valutazione, definita come capacità di selezionare, tra le varie idee prodotte, quelle più pertinenti agli scopi.

 

Talvolta la creatività del pensiero sembra non dipendere dalla combinazione dei singoli elementi, ma da un cambiamento nella visione complessiva della situazione. Questo processo, che permette di individuare qualcosa di nuovo da una situazione di partenza è stato definito “pensiero produttivo”, contrapposto al “pensiero riproduttivo”, dove il soggetto tende a riprodurre meccanicamente procedimenti precedentemente appresi (dalla teoria della Gestalt). Il pensiero produttivo quindi non è contraddistinto né dal procedere per tentativi né dalla riattivazione automatica di una risposta consolidata, ma dall’emissione istantanea di una nuova risposta a seguito di una intuizione. In pratica il soggetto rielabora la situazione sotto un differente punto di vista e diviene immediatamente evidente qualche suo nuovo aspetto che prima non aveva avvertito o considerato. Il pensiero produttivo permette quindi una “ristrutturazione” del problema. Anche in questo caso la componente creativa, ovvero la capacità di andare oltre gli “schemi”, gioca un ruolo decisivo, permettendoci di superare la tendenza a impiegare i vari elementi del problema secondo il loro uso comune e riconcettualizzando la loro funzione, utilizzandoli in maniera diversa o insolita.

C’è da sottolineare però che il pensiero divergente non è superiore a quello convergente, anche perché spesso il secondo si adatta meglio alla risoluzione di vari problemi particolari. La cosa importante è considerare i due tipi di pensiero complementari, dove ognuno ha caratteristiche fondamentali per la risoluzione di determinati problemi.
Spesso e per molto tempo però il pensiero convergente è stato il principale strumento insegnato e utilizzato nelle scuole, mentre la sua controparte divergente e lo sviluppo della creatività nei ragazzi sono stati quasi del tutto trascurati.
E’ quindi fondamentale dare rilievo e incentivare lo sviluppo di entrambi i tipi di ragionamento senza preferire uno a scapito dell’altro.

In ultima analisi, coltivare la creatività e il pensiero divergente significa soprattutto dare meno spazio a scelte automatiche e meccaniche ed affinare lo spirito critico grazie al quale poter analizzare e valutare tutte le soluzioni alternative di un dato problema o della realtà che ci circonda.

l primo punto che gli insegnanti devono quindi tenere a mente è che, quale che sia la loro materia, devono essere consci delle opportunità di incoraggiare il pensiero divergente negli studenti e sfruttarle quando si presentano.

Bruner sostiene che nell'ambito dell'educazione tendiamo a ricompensare solo le risposte «giuste» e a penalizzare quelle «sbagliate». Questo rende i bambini riluttanti ad azzardare soluzioni nuove o originali nella risoluzione di un problema, dato che le probabilità di sbagliare in questo caso diventano inevitabilmente maggiori. In altre parole essi non vogliono correre rischi.

Tuttavia il salto immaginativo, la produzione di una risposta diversa da quella convenzio­nale, la prontezza ad assumersi quelli che potrebbero essere chiamati i rischi conoscitivi sono inscindibili dallo sforzo creativo. L'insegnante dovrebbe essere preparato ad agire in un'atmosfera in cui tale sforzo sia incoraggiato e ricompen­sato piuttosto che in un clima educativo dove vengano approvate soltanto le soluzioni caute e convergenti.

Questo non significa certo che non teniamo in considerazione l'accuratezza o la precisione. Si ricordi che l'atto creativo implica la verifica/valutazione. La soluzione deve essere verificata per vedere se funzionerà; se fallisce deve essere scartata, anche se il bambino può nondimeno essere lodato per lo sforzo immaginativo compiuto. E anche questo fallimento può essere apportatore di nuove idee che possono poi essere verificate ed eventualmente condurre alla soluzione desiderata. 

Secondo Bruner invece il pensiero creativo è olistico (produce cioè risposte che hanno un'ampiezza superiore alla somma delle loro parti), mentre il pensiero razionale e convergente è algoritmico (produce cioè risposte che sono inequivocabilmente esse stesse). Entrambi i tipi di pensiero hanno un loro ruolo fondamentale, ma dovrebbero essere utilizzati per completarsi e sostenersi a vicenda e non venire in un certo senso considerati come reciprocamente incompatibili.

Prima di affermare con troppo entusiasmo di aver già compreso il valore per la classe di entrambe le forme di pensiero e che mai penalizzeremmo il bambino per un tentativo olistico, dovremmo ricordarci che la scoperta di Getzels e Jackson, secondo cui coloro che hanno un alto grado di divergenza sarebbero meno benvoluti dagli insegnanti rispetto a quelli con un alto grado di convergenza, può ancora essere ritenuta valida. Le scuole hanno le loro regole e regolamenti, i loro modelli di procedura e di condotta e spesso il bambino conformista riesce a convivervi in maniera più serena di quello non conformista e molto fantasioso.

Inoltre le idee divergenti possono essere spesso originali e di valore, ma possono anche essere stravaganti e sciocche, inducendo l'insegnante a sospettare che il bambino stia soltanto "facendo il furbo”. Sfortunatamente (o fortunatamente) la creatività è una cosa imprevedibile e noi non possiamo pretendere che si estrinsechi sempre in una forma adatta alle circostanze del momento. Studiando le risposte dei bambini e facendo in particolare attenzione a dove conducono effettivamente le idee che inizialmente sembrano sciocche, l'insegnante riesce in breve a riconoscere quando i bambini stanno tentando di usare la loro immagina­zione e quando stanno semplicemente tentando di sorprendere.

Omettendo una simile osservazione l'insegnante corre il rischio di reprimere le idee buone assieme a quelle non proprio buone e di dare alla classe l'impressione che l'originalità semplicemente non sia benvenuta quando si manifesta.

 

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